Il Papa ha lanciato questo nuovo tweet con l'hastag #prayforpeace: "Preghiamo per la pace in Africa, specialmente nella Repubblica Centroafricana e nel Sud Sudan". Su questo appello, Alessandro Gisotti ha intervistato la dott.ssa Flaminia Giovanelli, sottosegretario del Pontificio consiglio "Giustizia e Pace":
R. - Il Papa risponde ad un preciso dovere: il Papa non può dimenticare quello che sta succedendo in questi posti che sono certamente lontani, ma la Chiesa si interessa all’uomo, per cui ha a cuore il bene di ogni uomo e di ogni donna, i quali hanno questa aspirazione connaturale alla pace. E’ importante anche il modo in cui il Papa richiama l’attenzione: richiama l’attenzione con la preghiera!
E’ soltanto così, secondo me, che un appello non è sterile. La prima reazione infatti potrebbe essere: “Va bene, ma noi cosa possiamo fare? Succedono queste cose, ma che cosa possiamo fare?”. E il Papa dice di fare qualcosa: dice di pregare! Direi che solo così l’appello non è sterile, proprio perché è un appello alla preghiera, perché la pace è un dono di Dio, ma è affidato agli uomini.
D. - C’è un ruolo del Papa per la pace del mondo, ovviamente non solo di Papa Francesco, nella preghiera, così come nella diplomazia, così come negli interventi. Pensiamo, per esempio, al discorso di Papa Francesco al Corpo Diplomatico…
R. - Certo! Questo è stato un richiamo fortissimo! Ecco, lì rivolgendosi alla Comunità internazionale indica delle strade da percorrere: infatti chiede l’interessamento della Comunità internazionale, che ci siano negoziati… Direi che a seconda delle circostanze, il Papa si rivolge giustamente in modo adeguato. Soprattutto nel discorso al Corpo Diplomatico di quest’anno, molta attenzione il Papa l’ha dedicata proprio al conflitto nella Repubblica Centrafricana.
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