Omelia eudisti
33ª Domenica del tempo ordinario, anno A
P. Jean-Michel AMOURIAUX
Sanctuaire de la Mentorella (Italie) Leggiamo gli ultimi grandi discorsi di Gesù prima della Passione nel Vangelo secondo San Matteo: la parabola delle dieci vergini della settimana scorsa, il Giudizio Universale la settimana prossima. E questa settimana leggiamo questa parabola dei talenti. È importante comprendere questo contesto letterario: siamo nella prospettiva dello svelamento della verità. La chiamata del Vangelo è quindi per noi una chiamata a una verità più grande a proposito di ciò che è nel nostro cuore. Come siamo seri, veri, coscienti con il nostro discepolato? In che modo la nostra vita si conforma alla fede che diciamo? Il Signore non viene a darci lezioni di morale, ma viene a dirci la serietà del nostro impegno che è legato al nostro battesimo.
Questo punto è molto importante. Il Signore nostro Dio ci conosce meglio di noi, non è ingenuo, conosce perfino i pensieri del nostro cuore. Eppure si fida di noi! Si fida dei suoi servi dando loro talenti. Dà loro i suoi beni secondo la parole del Vangelo, qui significa tutte le sue proprietà, tutta la sua fortuna, tutti i suoi beni. Il nostro Dio ci dà la sua eredità: ci dà la sua creazione e le sue creature, ci un'altro, i suoi figli amati, ci dona la sua parola di vita, ci dà il suo Figlio, Egli ci dona il suo Spirito! Riceviamo così tanto ogni giorno! "Cosa non abbiamo ricevuto?" (1 Corinzi 4,7). Non abbiamo nulla di noi stessi, Dio, il nostro creatore, ci ha dato tutto. Come il Maestro della parabola, ha condiviso i suoi beni con i suoi servi, in modo da poter dare frutti. C’è un eco del libro della Genesi: "E Dio li benedisse, dicendo: Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra e soggiogatela. Sii il padrone del pesce del mare, degli uccelli del cielo e di tutti gli animali che vanno e vengono sulla terra.”
L'uomo della Bibbia capì che Dio è il Creatore e che ha affidato la terra agli uomini e tutto ciò che contené. Nulla ci appartiene, tutto rimane il bene del nostro Maestro e Signore. Tutto ciò che siamo tutti questi talenti di cui siamo ricchi, sono un dono gratuito di Dio. Questa consapevolezza è essenziale per ascoltare il resto della parabola.
Gesù specifica un punto sensibile: gli è dato "a ciascuno secondo le sue capacità" (Mt 25,15). È vero che le capacità sono diverse in molti campi, ma una cosa è comune: l'attesa del Maestro, vale a dire prendersi cura dei suoi beni e farli fruttare. Quello che ha messo in terra il suo talento era spaventato, è fuggito e ha nascosto in terra ciò che aveva ricevuto. Penso ancora alla Genesi quando Adamo ed Eva si nascosero per paura di Dio.
Il Maestro ha dato tutto e sta aspettando che i suoi beni crescano. Questo ci riporta alla nostra responsabilità per i beni della terra. È importante e essenziale porsi la questione della nostra responsabilità per la creazione. Il nostro Papa ha dato al mondo un'enciclica visionaria e profetica Laudato Si! per dirci il percorso da seguire, per mostrare agli discepoli la via del Vangelo e dell’avvenire del mondo. È una responsabilità globale alla quale ognuno può contribuire dal canto suo ... con il suo talento! Questa responsabilità non è solo ecologica, è anche economica e sociale, e politica.
Il Maestro ci ha affidati l'un l'altro! Ha affidato ciascun uomo l’altro! Possiamo dire che il Signore ha creato il principio-responsabilità, secondo l’espressione del filosofo Hans Yonas. Siamo così spesso nella domanda di Caino che nasconde il suo crimine: "Sono io il guardiano di mio fratello? » (Gn 4,9).
Creando la Giornata mondiale dei poveri, papa Francesco vuole risvegliare le coscienze su questo punto preciso: cosa fai con tuo fratello? Il talento ricevuto è il nostro fratello, i nostri fratelli e sorelle. Nessuno ha una soluzione facile, ma la chiamata del Papa, la chiamata del Vangelo non è quella di nascondere il talento dalla paura, per non dire a me stesso: non m’interessa. Ho i miei problemi, non voglio quelli degli altri.
Papa Francesco nel suo messaggio per questa prima giornata mondiale dei poveri cita l'apostolo Giacomo : « A che serve, fratelli miei, se uno dice di avere fede, ma non ha le opere? Quella fede può forse salvarlo? Se un fratello o una sorella sono senza vestiti e sprovvisti del cibo quotidiano e uno di voi dice loro: “Andatevene in pace, riscaldatevi e saziatevi”, ma non date loro il necessario per il corpo, a che cosa serve? Così anche la fede: se non è seguita dalle opere, in se stessa è morta» (2,5-6.14-17). E il Papa aggiunge « Ci sono stati momenti, tuttavia, in cui i cristiani non hanno ascoltato fino in fondo questo appello, lasciandosi contagiare dalla mentalità mondana. Ma lo Spirito Santo non ha mancato di richiamarli a tenere fisso lo sguardo sull’essenziale. »
Siamo in un momento in cui noi, discepoli di Gesù, dobbiamo interrogarci sul nostro modo di essere la luce del mondo e il sale della terra. La chiamata del Papa è chiara: che facciamo con le persone povere che conosciamo, cosa possiamo fare di più? Con il Vangelo ci chiediamo: come realizzare questo talento che il Signore mi dà fruttuoso? Questo talento è la vita di una persona che vive in povertà, una famiglia in difficoltà a causa della disoccupazione di lunga durata, un rifugiato che nessuno guarda. Ci sono molti esempi, forse tra di noi, nei nostri parenti. Abbiamo ascoltato in prima lettura l'elogio di questa donna che accoglie semplicemente i poveri nella sua casa. Come noi possiamo fare ?
Questo è un tema importante da discutere tra noi, i discepoli di Gesù: come possiamo aiutarci l'un l'altro a trovare modi per essere più fedeli alle chiamate del Vangelo? Come possiamo aiutarci e sostenerci per non cadere nel pensiero del mondo, nel consumismo, nella costruzione di muri e filo spinato? È certamente un approccio da sviluppare nelle nostre parrocchie e nelle nostre comunità: come mettere le nostre capacità di servizio per trovare un altro modo di vivere in questo mondo, un modo evangelico?
L’antifonia del Vangelo da noi una chiave per avere una nuova logica: “Rimanete in me e io in voi, chi rimane in me porta molto frutto”. Per sfuggire all'egoismo e alla paura, confidiamo nella fede in Gesù. Solo Lui può darci questa forza creativa per adempiere alla nostra vocazione cristiana in questo mondo. Quindi, uniamo i due attività comuni in Gesù: preghiera e servizio. Possiamo sostenerci per crescere in fedeltà al Vangelo e compiere il vero testimonio di fronte al mondo. Chiediamo questa grazia al Signore, il Buon Pastore ama le sue pecore !
“Tutti questi poveri – come amava dire Il Beato Paolo VI – appartengono alla Chiesa per «diritto evangelico» (discorso d’apertura della seconda sessione 29 settembre 1963) e obbligano all’opzione fondamentale per loro. Benedette, pertanto, le mani che si aprono ad accogliere i poveri e a soccorrerli: sono mani che portano speranza. Benedette le mani che superano ogni barriera di cultura, di religione e di nazionalità versando olio di consolazione sulle piaghe dell’umanità. Benedette le mani che si aprono senza chiedere nulla in cambio, senza “se”, senza “però” e senza “forse”: sono mani che fanno scendere sui fratelli la benedizione di Dio.”
Celebriamo insieme il Signore che benedica i poveri e tutti i servitori dei poveri. Preghiamo la Vergine Maria, Madre dei proveri.
1ère Journée Mondiale pour les pauvres
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