viernes, 16 de mayo de 2014

La Chiesa e le sfide del nostro tempo. Papa Francesco dialoga a 360° con sacerdoti e seminaristi

Una straordinaria occasione per parlare a cuore aperto della Chiesa, del sacerdozio, delle tentazioni e delle sfide dei consacrati. E’ quanto accaduto stamani – in Aula Paolo VI – con l’incontro del Papa con gli alunni dei Pontifici Collegi e dei Convitti di Roma. Francesco ha dialogato a lungo con seminaristi e sacerdoti, senza alcun testo preparato. L’indirizzo d’omaggio al Pontefice è stato rivolto dal cardinale Beniamino Stella. Il servizio di Alessandro Gisotti:

Parlare da cuore a cuore, liberamente, come fanno un padre e un figlio che si vogliono bene. E’ questa la dimensione vissuta nell’incontro tra Papa Francesco e gli alunni dei Pontifici Collegi e dei Convitti di Roma. Il Pontefice ha dialogato con seminaristi e sacerdoti provenienti da tutto il mondo ed ha rivolto innanzitutto un pensiero speciale di vicinanza per i cristiani dell’Ucraina e del Medio Oriente sottolineando che la Chiesa soffre tanto anche oggi, in molte parti, a causa delle persecuzioni. Quindi, ha risposto alla prima domanda sulla formazione sacerdotale. Il Papa ha messo in guardia dal “pericolo dell’accademicismo” che fa sì che da Roma si torni in diocesi più come “laureati” che come “presbiteri”:

“E se uno cade in questo pericolo dell’accademicismo, torna non il padre ‘tale’ o ‘quale’, ma il ‘dottore’, no? E questo è pericoloso. [applauso] Ci sono quattro pilastri nella formazione sacerdotale: questo l’ho detto tante volte, forse voi lo avete sentito. Quattro pilastri: la formazione spirituale, la formazione accademica, la formazione comunitaria e la formazione apostolica”.

A Roma, ha osservato, si viene per la formazione intellettuale, ma non si può capire un prete che non abbia una vita comunitaria, una vita spirituale e apostolica. “Il purismo accademico – ha ammonito – non fa bene”. Il Signore, ha soggiunto, “vi ha chiamati ad essere sacerdoti, ad essere presbiteri: questa è la regola fondamentale”:

“Se soltanto si vede la parte accademica, c’è pericolo di scivolare sulle ideologie, e questo ammala. Anche ammala la concezione di Chiesa. Per capire la Chiesa c’è bisogno di capirla dallo studio ma anche dalla preghiera, dalla vita comunitaria e dalla vita apostolica. Quando noi scivoliamo su una ideologia, perché siamo macrocefali, per esempio, e andiamo su quella strada, avremo una ermeneutica non cristiana, un’ermeneutica della Chiesa ideologica. E questo fa male, questa è una malattia”. L’ermeneutica della Chiesa, ha ribadito, “dev’essere l’ermeneutica che la Chiesa stessa ci offre, che la Chiesa stessa ci dà”. Bisogna capire “la Chiesa con occhi di cristiano”. Al contrario, ha ravvisato, “la Chiesa non si capisce, o finisce mal capita”. E’ stata, dunque, rivolta al Papa una domanda su come il Seminario possa diventare una comunità di crescita umana e spirituale. Una volta, ha rammentato, un vecchio vescovo dell’America Latina diceva che “è molto meglio il peggiore seminario che il non-seminario”. Il Papa ha quindi sottolineato che “la vita del seminario, cioè la vita comunitaria, è molto importante. E’ molto importante perché c’è la condivisione tra i fratelli”. E’ vero, ha constatato, che “ci sono i problemi, ci sono le lotte: lotte di potere, lotte di idee, anche lotte nascoste; e vengono i vizi capitali: l’invidia, la gelosia”. “La vita comunitaria – ha detto con ironia – non è il paradiso: almeno, il purgatorio”. E ha ricordato che un santo gesuita "diceva che la maggiore penitenza, per lui, era la vita comunitaria”:

Leggi l'intero discorso del Santo Padre seguendo questo link: vatican.va...








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